La forte competitività odierna impone livelli di servizio elevati per consolidare o accrescere la propria quota di mercato. Per i professionisti di Supply Chain il compito è sempre lo stesso: garantire il funzionamento sempre efficiente della rete di fornitura, ma il crescere dell’outsourcing, la frammentazione globale dei mercati, la crescita dell’ampiezza e della profondità della gamma prodotti e l’imprevedibilità della domanda di oggi, aumentano esponenzialmente la complessità di gestione.
Diventa quindi fondamentale avere sotto controllo l’intero Supply Chain Network – che comprende anche i fornitori di secondo livello (i “fornitori dei fornitori”) e i clienti di secondo livello (i “clienti dei clienti”) – e individuare fattori interni o ambientali che possono determinare interruzioni nella catena di fornitura e avere ripercussioni negative sulle attività e sul servizio al cliente.
Mappare la Supply Chain significa conoscere la propria Supply Chain. La Supply Chain Map permette di evidenziare facilmente i nodi critici dell’intera catena di fornitura, offrendo una metodologia intuitiva per analizzare i processi al suo interno. Da qui è possibile definire piani per mitigare i rischi, ma anche gli interventi per risolvere le inefficienze e individuare nuove aree di sviluppo per la crescita.
Focalizzare gli interventi strategici
La maggior parte degli esperti in materia è concorde nel sostenere che mappare la Supply Chain sia un’attività propedeutica a qualunque intervento di Supply Chain Management. Ma come si può definire una Supply Chain Map? Questa è la rappresentazione grafica di tutti i processi e i flussi di informazioni, beni e risorse che avvengono all’interno della catena di fornitura e le relazioni tra essi, sia a monte che a valle dell’azienda. Si tratta di rispondere a domande come “chi sono i fornitori?”, “chi fra questi fornisce le materie prime/materiali più critici?”, “quali fattori ambientali o interni possono influenzare il loro servizio?”, ma anche “chi rifornisce i fornitori?”, “che fattori influenzano la loro attività?”, “come sono dislocati geograficamente i distributori?”.
Scott e Westbrook (1991) propongono un’interessante tecnica di mappatura per migliorare le performance di Supply Chain che presentano criticità dal punto di vista dei costi e del tempo, chiamata pipeline mapping. La catena di fornitura viene schematizzata attraverso segmenti orizzontali e verticali per rappresentare, rispettivamente, i tempi medi di esecuzione dei processi operativi e i tempi medi di giacenza a magazzino dei materiali/prodotti nei vari punti di accumulo. Il tempo orizzontale è speso nei processi: possono essere tempo di transito, di produzione o di assemblaggio, di pianificazione della produzione, ecc. Non si tratta necessariamente di tempo impiegato nella creazione di valore per il cliente, ma è sufficiente che ci sia un’attività in corso. Nei segmenti verticali si indica invece il tempo in cui non sono presenti attività, ma i materiali o prodotti sono fermi in magazzino o nei punti di accumulo. Nessun valore viene aggiunto qui, ma crescono i costi.
Il grafico così ottenuto consente di individuare subito dove le scorte sono troppo elevate, evidenziate da barre verticali molto alte, o tempi di attraversamento troppo lunghi, confrontando le linee orizzontali. Due alte linee verticali affiancate, inoltre, evidenziano la possibilità d’intervenire per ridurre scorte superflue in punti di accumulo contigui.
Da tale mappa si possono ricavare altri indicatori di performance: la lunghezza della Supply Chain e il volume. La lunghezza, determinabile dalla somma di tutti i segmenti orizzontali, rappresenta la durata totale dei processi operativi; il volume, invece, è dato dalla somma dei segmenti verticali e orizzontali.
Ovviamente, la pipeline mapping può essere utile anche per benchmark interni all’azienda.
Anche la pipeline mapping rappresenta una valida base per l’avvio di interventi di re-ingegnerizzazione della logistica grazie alla sua capacità di rendere trasparenti i processi nella loro totalità e i relativi magazzini associati, evidenziando facilmente spazi per la riduzione dei tempi e delle attività a non valore aggiunto. Utilizzandola per misurare i cambiamenti nelle prestazioni della Supply Chain prima, durante e dopo un intervento d’ottimizzazione, inoltre, permette di capire se le modifiche introdotte stanno generando i risultati desiderati.