Anche se la strada è ancora molta, le aziende italiane sono sempre più competitive nel panorama internazionale grazie a una maggiore apertura alla digitalizzazione. Questo è quanto emerge dal report di Confindustria “Il Digitale in Italia 2023”, che restituisce una fotografia della situazione del mercato digitale del nostro Paese, classificando il livello di innovazione digitale delle imprese e organizzazioni secondo Indice di Intensità Digitale (DII) identificato dall’ISTAT – a sua volta basato sui dati Eurostat del Digital Intensity Index.
Partendo dal report di Confidustria “Il Digitale in Italia 2023”, vogliamo riflettere sulle sfide che le imprese italiane stanno fronteggiando nel loro percorso di trasformazione digitale. Esploreremo come puntando e investendo nell’innovazione e nella digitalizzazione dei processi, nell’adozione di nuove tecnologie, ma soprattutto nelle persone, sia possibile aprire nuovi fronti di sviluppo e miglioramento delle performance, vincendole sfide e tracciando una prospettiva di successo per il futuro digitale dell’Italia.
L’indice di Intensità Digitale: il panorama del mercato digitale italiano
L’Indice di Intensità Digitale è una misura che valuta il grado di adozione delle tecnologie digitali nel tessuto economico del paese. Esso considera fattori come la presenza online, l’utilizzo di strumenti digitali e l’automatizzazione dei processi aziendali. Un alto indice suggerisce un’economia più innovativa e competitiva, con imprese che sfruttano appieno le opportunità offerte dal digitale per crescere e prosperare nel mercato globale.
Nel 2022, il 70,4% delle aziende italiane ha registrato un livello base di digitalizzazione, evidenziando una grande differenza tra imprese con oltre 250 dipendenti, che per il 97,1% raggiungono quello standard, e le realtà più piccole (fino a 49 dipendenti), dove quelle che puntano sul digital raggiungono il 67,5%. Il livello “base” di IID si ottiene con l’adozione di almeno quattro attività digital sulle dodici previste dai parametri, tra cui: la percentuale di addetti connessi, la presenza di specialisti ICT, l’introduzione di protocolli di cybersecurity e di misure di sicurezza correlate, la formazione sul tema digital e sugli obblighi correlati, l’accesso a documenti da remoto, l’utilizzo di una connessione a banda larga e di riunioni a distanza, la presenza di e-commerce e robot nell’organizzazione.
L’Italia fa scuola in Europa per la scelta di tecnologie green (74,9%) e l’utilizzo di piattaforme online di intermediari (62,1%), anche se inferiore alla media è la digitalizzazione delle vendite e della supply chain. Lo scorso anno, secondo quanto rilevato da ISTAT, il 73,2% delle imprese nel nostro Paese ha attivato il lavoro da remoto, e ha anche registrato un incremento importante sul versante della sicurezza informatica: se nel 2019 le realtà con protocolli di cybersecurity erano il 34,4%, nel 2022 si è arrivati al 48,2%.
Un dato a cui si affianca la consapevolezza di una maggiore tutela rispetto agli incidenti informatici, tradotta nella stipula di assicurazioni ad hoc, principalmente nelle grandi organizzazioni – il 45,1% del totale ne ha attivata una – mentre in quelle più piccole questa scelta è limitata al 14,4% del totale.
Digital Enabler. In Italia e all’estero, la transizione 4.0 passa dall’investimento all’innovazione
La crescita del digital delle imprese italiane punta sulle tecnologie abilitanti la trasformazione digitale (Digital Enabler) come Internet of Things, Cloud Computing, Big Data Management, Blockchain e un interesse sempre maggiore per strumenti generativi di Intelligenza Artificiale, che costituiscono i principali ambiti di investimento per le organizzazioni del nostro Paese che risultano cresciuti nel 2022 del 12,8%. «Partendo dal contesto attuale – si legge nel report di Confindustria – lo scenario dei prossimi anni sarà caratterizzato da un impatto più dirompente delle tecnologie digitali – a partire dai Digital Enabler – nell’economia e nella società […] dove i dati saranno sempre più il cuore delle attività pubbliche e private».
Cruciale in questo senso lo sviluppo di competenze digitali al centro di progetti per la trasformazione digitale in Italia, come “Repubblica Digitale”, iniziativa implementata dal Governo per lo sviluppo delle competenze digitali, come asset strategico per il Paese. A questo si aggiunge il “Piano nazionale nuove competenze”, orientato al sostegno della transizione 4.0 per la competitività delle imprese. Entrambe le iniziative promuovono l’acquisizione di competenze digitali in un panorama aziendale nazionale dove sono ancora carenti, sia dal punto di vista delle tecnologie sia dal punto di vista culturale. Ecco che per le imprese risulta spesso fondamentale il supporto di realtà in grado di accompagnare le organizzazioni in questi percorsi di cambiamento.
Mercato digitale in Italia. Un potenziale da mettere a terra grazie al PNRR
Le incertezze geopolitiche causate dalla guerra tra Russia e Ucraina, la crisi energetica e le politiche di contrasto all’inflazione perseguite dalle banche che hanno caratterizzato il 2022 hanno contribuito alla flessione dei mercati. Un dato che sul piano economico ha portato al rallentamento dei processi di sviluppo e di digitalizzazione delle aziende, in seguito a una maggiore prudenza delle organizzazioni e alla minore fiducia dei consumatori. Questa traiettoria è stata ed è tuttora condivisa anche nel nostro Paese, in cui comunque la digital transformation si conferma una risorsa chiave per la competitività internazionale.
Alla luce della situazione attuale, «costruire un’economia digitale avanzata e intelligente richiederà̀ un livello elevato di fiducia e coesione sociale» e la sfida sarà continuare a scommettere sulle tecnologie digitali. «L’Italia ha tutti i mezzi per rendere la digitalizzazione un percorso di successo e affermare una propria leadership industriale in questo settore – spiega Marco Gay, Presidente di Anitec Assinform Confindustria nell’introduzione al report “Il Digitale in Italia 2023” – [Il Paese] ha le competenze e le intelligenze necessarie per essere protagonista del dibattito che vede gli Stati membri disegnare un nuovo ruolo per l’Unione Europea all’interno dello scenario tecnologico globale. Un ruolo che deve essere fatto di imprese, di innovazione, di talenti oltre che di nuovi sistemi di regole».
PNRR per la digitalizzazione. Una risorsa per un’Italia più competitiva
In questo contesto, anche se la crescita è debole, l’economia italiana tiene e il 2022 si è chiuso con trend in linea con quelli pre-pandemici. Secondo le recenti previsioni Istat, il PIL dovrebbe crescere sia quest’anno (+1,2%), sia il prossimo (1,1%), aprendo nuove prospettive di crescita. In questo quadro, l’approvazione del PNRR costituisce un potente segnale positivo che può fare da traino a una rimessa in moto del mercato: a fine 2022 circa il 29% degli step in programma per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato raggiunto, ma la quota di completamento varia molto, passando da un 62% per le Milestone (traguardi qualitativi) e un 6% per gli obiettivi quantitativi identificati come Target.
Gli investimenti operati ad oggi sono concentrati sulla digitalizzazione delle PA, della sanità e delle aziende, e sono confluiti anche nella realizzazione del Polo Strategico Nazionale e nell’attuazione di due progetti; il Citizen Inclusion, un percorso di miglioramento dell’accessibilità dei servizi pubblici digitali e la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), uno spazio virtuale di scambio dati tra le Pubbliche Amministrazioni. Riguardo al Piano Transizione 4.0. Ammontano, invece a 6,7 miliardi i crediti delle imprese per le agevolazioni del PNRR, con prevalenza di quelli relativi a beni 4.0.
L’effettivo utilizzo dei fondi del PNRR sarà un discrimine essenziale nel determinare l’andamento del mercato digitale nel biennio 2023-2024, insieme ovviamente al contesto geopolitico ed economico. Secondo le previsioni, la crescita del settore dovrebbe attestarsi sul 3,1% a fine anno e registrare un +4,3% in chiusura 2024.
Un trend più che positivo rispetto all’intera economia, sia in termini reali, che nominali, pur con flessioni in ambito consumer determinate dall’inflazione e minori incentivi in alcuni settori.”
Nonostante ritardi dati da questioni attuative o accumulati in seguito a posticipi nella presentazione di progetti per finanziamenti o nella loro implementazione, anche su un arco temporale più ampio che arriva al 2026, l’impatto del PNRR per la digitalizzazione dell’Italia si conferma importante.
L’intensità di ricaduta del Piano dipende dalla volontà del nostro Paese e del mondo imprenditoriale italiano di investire in ambito ICT per la trasformazione digitale delle aziende. In questo contesto, la capacità di snellire il più possibile le procedure per gare e accelerare l’attuazione dei progetti diventa fondamentale per generare una crescita significativa del mercato digitale nel breve periodo, non solo nel comparto produttivo e industriale, ma anche in ambito PA, telecomunicazioni, turismo e cultura.