Sostenibilità d’impresa: responsabilità sociale e ambientale o leva competitiva? Entrambe!

csr vantaggi competitivi

Fino a poco tempo fa l’attenzione verso l’impatto delle aziende sulla società e sull’ambiente rientrava principalmente nel concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, ovvero la volontà da parte delle organizzazioni di integrare all’interno delle proprie attività produttive, commerciali e relazionali con gli stakeholder le implicazioni ambientali, sociali e di governance (Criteri ESG – Environmental, Social, Governance). Una scelta, quindi, del tutto libera di alcune imprese di “restituire” alla comunità parte del valore derivante dal proprio business, scelta che spesso si traduceva anche in un’importante leva per migliorare la brand reputation all’interno e all’esterno dell’organizzazione. 

Un primo cambio di approccio a queste tematiche, soprattutto nei grandi gruppi industriali, avviene a partire dal 2014, con l’approvazione da parte dell’Unione Europea della Direttiva 2014/95/UE, che stabiliva dei nuovi standard e obblighi di rendicontazione in materia ambientale e sociale per alcune tipologie di imprese. La Direttiva, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254, aveva l’obiettivo di promuovere comportamenti virtuosi e migliorare la trasparenza nella comunicazione di informazioni non finanziarie tra gli stakeholder legati alle organizzazioni.

Dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite fino alla nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD): la sostenibilità sta diventando sempre più centrale all’interno delle scelte strategiche e degli investimenti di piccole e grandi imprese, in Europa e in Italia. Questo cambiamento è solo una conseguenza di normative sempre più stringenti in questo senso o si sta effettivamente sviluppando una nuova sensibilità aziendale che vede la sostenibilità non solo come una responsabilità sociale e ambientale ma anche come una forte leva competitiva per vincere le sfide presenti e future del mercato?

Ne parliamo con Francesco Lagonigro, Innovation Manager e CEO di Hidra, società benefit di consulenza specializzata nel sostegno alle aziende verso lo sviluppo sostenibile, e con Luca Comello, Head of Business Consulting di QUIN.

Francesco Lagonigro, com’è cambiato l’approccio al tema della sostenibilità da parte delle aziende? La nuova Corporate Sustainability Reporting Directive cosa comporta?

FL: La Corporate Sustainability Reporting Directive, ovvero la proposta di modifica alla Direttiva sulla Dichiarazione Non Finanziaria (NRFD) pubblicata il 21 aprile 2021 dalla Commissione Europea, rappresenta un passo importante per la sostenibilità d’impresa, in quanto pone le basi per un flusso di informazioni sulla sostenibilità coerente, efficace e trasparente. La prima novità riguarda il perimetro di applicazione: tutte le grandi società europee non quotate, tutte le società (UE ed extra UE) quotate sui mercati regolamentati della UE (ad eccezione delle microimprese quotate) sarebbero soggette agli obblighi di informativa.

Anche nei contenuti ci sono degli aggiornamenti. Con questa proposta di modifica si richiede alle organizzazioni di rendicontare anche informazioni concernenti il proprio modello di business e la propria strategia aziendale, ponendo l’attenzione sui capitali intellettuale, umano, sociale e relazionale, sull’impatto generato dall’organizzazione sulla società e sull’ambiente da un lato e sull’impatto indotto dalla sostenibilità sull’organizzazione, in termini di crescita e di sviluppo aziendale (si rimanda qui al concetto di doppia materialità).

Anche la collocazione dell’informativa richiede una nuova attenzione, in quanto le informazioni sulla sostenibilità dovranno essere incluse nella relazione sulla gestione. Si è arrivati ora ad una standardizzazione, attraverso un solo framework per il Mercato Unico.

La proposta pubblicata punta a stabilire degli standard obbligatori di rendicontazione della sostenibilità per le società dell’Unione Europea, standard che dovranno essere commisurati al livello di ambizione del Green Deal europeo e all’obiettivo di Climate Neutrality dell’UE per il 2050. Inoltre gli Stati Membri UE dovranno recepire la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive entro il 1 dicembre 2022 e applicarne le disposizioni già a partire dal 1 gennaio 2023, con la pubblicazione della prima rendicontazione nel 2024. I requisiti per le piccole e medie imprese (PMI) quotate si applicheranno agli esercizi finanziari dal 1° gennaio 2026.

Oggi possiamo già affermare che l’obbligo di rendicontare le informazioni sulla sostenibilità rappresenta un’opportunità, un vantaggio competitivo per le imprese?

FL: Nell’ambito della rendicontazione, vengono proposti modelli che rappresentano gli impatti dell’azione aziendale sui temi sociali ed ambientali, integrando la prospettiva di rendicontazione economico-finanziaria con quella ambientale e sociale. La rendicontazione è finalizzata anche alla comunicazione esterna, per informare gli stakeholder su ciò che l’azienda ha fatto e si propone di fare, nonché per la valorizzazione dell’immagine aziendale.

Integrare la sostenibilità nella strategia significa rispondere alla richiesta di gestione dei rischi da parte delle imprese. Pertanto, è fondamentale individuare i rischi reali o potenziali, nonché le opportunità di miglioramento, relativi alla sostenibilità e alla responsabilità sociale dell’organizzazione

Questo approccio è utile per rispondere alle nuove normative in entrata: ad esempio i rating ESG sono sempre più richiesti dalle banche, il bilancio di sostenibilità è obbligatorio per le grandi e medie imprese.

In che modo si può integrare la sostenibilità all’interno dell’organizzazione in modo strategico, con risultati tangibili e misurabili?

FL: Una volta che sono stati definiti degli obiettivi di sostenibilità a livello strategico, entra in gioco la pianificazione strategica e operativa, con focus sulla sostenibilità, per il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal top management. Importantissima è la comunicazione interna a tutti i livelli aziendali al fine di sviluppare un adeguato grado di consapevolezza e coinvolgimento di tutte le persone dell’organizzazione su strategia, vision, mission, valori, obiettivi e policy aziendali.

Quin accompagna le aziende verso la trasformazione digitale, attraverso l’analisi, l’innovazione e l’ottimizzazione dei processi di valore delle aziende, tipicamente produttivi e organizzativi. Luca Comello, come si inserisce il tema della sostenibilità?

LC: Per diventare sostenibili le aziende devono necessariamente rivedere i propri processi aziendali. Quando parliamo di Digital Transformation e di innovazione parliamo anche di sostenibilità: le aziende che puntano ad essere innovative, efficienti, resilienti, che vogliono aumentare il proprio vantaggio competitivo in un mercato sempre più dinamico, globale e sensibile ai temi della sostenibilità devono definire nuovi modelli di business e orientare le proprie strategie di impresa e questo impatta su tutti i comparti aziendali ad ogni livello, dal management ai processi fino alla cultura dell’organizzazione.

Gli investimenti in innovazione non possono prescindere dalla sostenibilità.

Come si intraprende un percorso di transizione digitale e sostenibile? Da dove si parte?

LC: Parliamo di un percorso di cambiamento che parte prima di tutto dalle persone. Non si può diventare innovativi e sostenibili semplicemente introducendo delle tecnologie, per quanto possano essere all’avanguardia. I tool da soli non solo non sono sufficienti, anzi, senza una trasformazione della cultura, dell’organizzazione e dei processi, rischiano di diventare un investimento dispendioso e inutile al fine del raggiungimento degli obiettivi, di sostenibilità e di business.

Ecco perché è fondamentale prima di tutto comprendere a fondo il contesto in cui opera l’organizzazione. Bisogna valutare il livello e la tipologia di complessità del suo business, quantificare e qualificare la materialità finanziaria e la materialità d’impatto. Questo tipo di analisi consente di definire l’indice di materialità che l’azienda si trova ad affrontare.

Il passo successivo consiste nell’analizzare il livello di sviluppo dei processi interni, delle tecnologie e dell’organizzazione per la sostenibilità economica, ambientale e sociale. Ciò che ricaviamo da questa valutazione è l’indice di sostenibilità globale dell’impresa, con l’emergere dei punti di forza e di debolezza dell’azienda in questo senso. Sulla base delle informazioni raccolte, e degli obiettivi che sono stati prefissati, possiamo disegnare la roadmap che porterà alla transizione digitale e sostenibile dell’azienda, attraverso l’integrazione dei parametri ESG nelle scelte strategiche dell’azienda, con l’obiettivo finale di innescare un processo virtuoso di identificazione del valore per l’impresa, la società e l’ambiente.

agenda 2030 obiettivi

Rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 a che punto sono le aziende italiane?

FL: Per rispondere riportiamo qualche informazione e dato proveniente dal Rapporto 2021 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Il Rapporto ASviS 2021 offre una fotografia della situazione dell’Italia rispetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, evidenziando le aree in cui è necessario intervenire in modo prioritario per garantire il raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’emergenza pandemica ha purtroppo avuto impatti negativi anche in quest’ambito, portando a ritardi che hanno aggravato ulteriormente la situazione italiana. Il Rapporto evidenzia, infatti, come tra il 2019 e il 2020, l’Italia abbia fatto dei progressi solo su 3 Obiettivi: il sistema energetico (Goal 7), la lotta al cambiamento climatico (Goal 13), la giustizia e le istituzioni solide (Goal 16). Si rileva una situazione di stabilità per altri 3 Obiettivi (alimentazione e agricoltura sostenibile, acqua e innovazione), mentre il dato estremamente negativo riguarda ben 9 obiettivi che hanno visto un peggioramento: povertà (Goal 1), salute (Goal 3), educazione (Goal 4), uguaglianza di genere (Goal 5), condizione economica e occupazionale (Goal 8), disuguaglianze (Goal 10), condizioni delle città (Goal 11), ecosistema terrestre (Goal 15) e cooperazione internazionale (Goal 17).

Considerando un periodo di confronto più ampio (2010-2020) ci sono miglioramenti sugli obiettivi salute, uguaglianza di genere, sistema energetico, innovazione e lotta al cambiamento climatico. Di contro, l’Italia peggiora sui temi povertà, acqua, condizione economica e occupazionale, ecosistema terrestre e cooperazione internazionale.

Attraverso le parole di Francesco Lagonigro e di Luca Comello abbiamo potuto comprendere meglio come la sostenibilità, ambientale, sociale, economica, stia diventando ogni giorno più centrale negli obiettivi di istituzioni, organizzazioni e imprese. La direzione della CSRD è chiara: raggiungere, velocemente, un nuovo modello di sistema economico e finanziario sostenibile e incluso.

Al percorso normativo si affianca un cambiamento, significativo, della sensibilità sui temi legati alla sostenibilità da parte di manager e imprenditori, che progressivamente stanno integrando i criteri ESG all’interno delle proprie strategie e modelli di business: la sostenibilità d’impresa oggi rappresenta la scelta giusta da fare per l’ambiente e la comunità, ma rappresenta al tempo stesso un vantaggio competitivo e un fattore attrattivo per finanziatori, clienti e dipendenti.

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